Ancora pochi giorni di campagna elettorale, e lunedì prossimo sapremo chi avrà vinto nelle grandi città (Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna), in attesa di eventuali ballottaggi, e alla Regione Calabria. È un buon test elettorale, a pochi mesi dalla fine del semestre bianco e da un chiarimento politico in parlamento. La Lega appare ormai come una grande balena arpionata che affanna per liberarsi dalle lame taglienti e tornare a solcare i mari della politica da vincitrice. Non è certo un buon periodo, per Matteo Salvini e il Carroccio. Dentro il partito c’è aria di crisi, di scontro politico e di potere. Fuori, Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni rastrella reduci e transfughi dalla Lega e da Forza Italia. Colpisce la “bestia” ferita a morte. La “bestia” era la funesta macchina da guerra (mediatica) inventata da Salvini e dal suo collaboratore Luca Morisi, finito all’angolo per una storia di droga.
Soffre Salvini, che nell’ultima campagna elettorale per le regionali si presentò al Pilastro di Bologna citofonando a un inquilino di una palazzina, per chiedere se fosse quella casa un luogo di spaccio di droga. È vero che i “tifosi” non sanno guardare, valutare l’imprevisto che dovrebbe sconvolgere certezze e distruggere miti. Chi ama perdona, sembra dire Salvini, rivolto a Morisi. E i militanti della Lega oggi non sanno se perdonare il loro leader.
La “bestia” è ferita, tramortita. È irriconoscibile il condottiero delle crociate contro gli immigrati e i drogati. Temi che sono passati in secondo piano rispetto alla pandemia. Secondo un sondaggio analizzato da Ilvo Diamanti, sta perdendo “crudeltà” e “aggressività” la campagna contro l’immigrazione. Chi arriva dai paesi lontani non è più temuto come un appestato.
Oggi Salvini invoca una sentenza della magistratura prima di lapidare il povero Morisi, e si dice disgustato dall’accanimento dei giornali e delle televisioni. Lui, che è sempre stato un “guastatore” con un fiuto politico da fare invidia, oggi sembra accasciarsi a terra. Colpito laddove non se l’aspettava. Proprio lui, Matteo Salvini, che ha fatto dell’aggressione e del giustizialismo fai-da-te la sua ideologia, si ritrova oggi a difendere un amico indifendibile. Si è trasformato in un garantista.
Come se non bastasse, il leghista Giancarlo Giorgetti, ministro dello Sviluppo economico, a una settimana dal voto, ha bocciato – in un’intervista – i candidati del centrodestra di Roma e Milano, indicando nel premier Draghi il prossimo capo dello Stato.
Ormai è troppo stretta la maglia del governo, per la Lega. Si sente soffocare, ha bisogno di essere libera per le sue incursioni. Oggi rischia di affogare e vuole cambiar pelle. Se dovesse vincere la corrente governista di Giorgetti e dei presidenti di Regione, la Lega sarebbe condannata a diventare una forza centrista che manderebbe in pensione l’Italia bipolare (che già è in grande sofferenza). Attorno a una Lega moderata potrebbero infatti trovare spazio i reduci e i transfughi di altri partiti che oggi salgono sul carro del (presunto) vincitore, Fratelli d’Italia.
Se invece dovesse resistere Salvini, la Lega è condannata a soccombere di fronte alla coerenza politica di Giorgia Meloni, e a subire emorragie interne proprio in direzione del partito della destra. Il risultato delle comunali avrà delle ripercussioni sul quadro politico, soprattutto sulla destra. Più che il risultato dei candidati a sindaco, per la tenuta del quadro politico conteranno i voti delle singole liste. Forza Italia è destinata a un ulteriore ridimensionamento, anche se potrà gridare alla vittoria con il risultato calabrese (i sondaggi danno vincente il candidato alla presidenza della Regione, il forzista Occhiuto).
E poi tra Fratelli d’Italia e Lega si gioca il primato nel centrodestra. In un’Europa che sta cambiando, il sovranismo e il populismo sembrano arretrare. In fin dei conti, dare per scontato che i sindaci di Milano, Bologna, Roma, Napoli e forse Torino finiranno al centrosinistra, sminuisce la portata storica di questa vittoria e, al tempo stesso, riapre la partita delle prossime elezioni politiche.