Sono mesi che i sondaggi e i giornali raccontano che la destra gonfia le vele. Che Giorgia Meloni e Matteo Salvini si contendono il primo posto alle prossime elezioni politiche. E che il Pd e i 5 Stelle, ove mai si presentassero uniti, comunque non ce la farebbero a raggiungere la destra. Mesi di chiacchiericcio e null’altro. Nessun fine analista o giornalista di lungo corso ha ancora detto che la “prima repubblica” è solo un ricordo del passato, che i partiti si sono sciolti, che la rappresentanza politica degli elettori stenta a prendere corpo, che il centro è evaporato, che cresce pericolosamente l’area dell’antipolitica che ripara nell’astensionismo.
La politica si è cacciata in un cul de sac. La campagna elettorale in corso per il voto amministrativo in grandi città (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bologna) e per la Regione Calabria mostra i segnali di un cambiamento. La macelleria del web – gli odiatori e gli urlatori che hanno preso il sopravvento, come nel caso dei “no vax” e “no pass” – ha alterato la percezione della realtà. E dunque anche i sondaggi di questi ultimi giorni di campagna elettorale vanno presi con le pinze.
Gianluigi Paragone a Milano, Antonio Bassolino a Napoli e Luigi De Magistris in Calabria raccontano il malessere di questo Paese e la crisi dei partiti. Spinte populiste e tentativi di risposta alla crisi della politica oggi si confondono.
Il sovranista che vuole liberare Milano “da banche e finanze”, e sogna un “grande Nord”, Gianluigi Paragone, ex 5 Stelle, ex Lega, secondo i sondaggi potrebbe raccogliere tra il 5 e l’8% dei voti a Milano. Voti intercettati tra gli elettori del Carroccio che non si ritrovano nella Lega di governo.
Antonio Bassolino – ex sindaco di Napoli, ex presidente della regione Campania, ex dirigente storico del Partito comunista – secondo i sondaggi viaggia tra il 10 e il 16% dei voti. La sua campagna elettorale è partita prima dell’estate. Raccoglie voti trasversali (una lista di Carlo Calenda è apparentata con Bassolino sindaco) di chi ha apprezzato e riconosciuto il suo passato di amministratore pubblico. Venti punti di differenza separano il candidato del Pd e dei 5 Stelle, Gaetano Manfredi, da Catello Maresca. Il magistrato candidato dal centrodestra è in caduta libera, dopo la conferma del Consiglio di Stato della eliminazione di quattro liste che lo sostenevano e una deludente campagna elettorale.
L’apertura dei seggi elettorali napoletani potrebbe riservare una sorpresa: cioè che il voto del centrodestra potrebbe finire nell’area dell’astensione o perfino al candidato Antonio Bassolino, che supererebbe lo stesso Maresca finendo al ballottaggio. Manfredi spera di superare il 50% dei voti al primo turno.
Napoli si sta lasciando alle spalle dieci anni di giunte De Magistris. Vinse l’ex magistrato populista, che si proponeva come un moderno Masaniello, capopopolo (“arancione” in questo caso) delle rivoluzioni impossibili. Adesso però lui si è messo al riparo dal probabile responso elettorale negativo riguardante la sua candidata Alessandra Clemente, candidandosi in Calabria alle regionali.
A Roma, poi, la sorpresa potrebbe arrivare dal candidato Carlo Calenda, il professionista della politica che non ama essere incasellato dentro uno schieramento. Che preferisce collocarsi “contro” per incassare il consenso destinato agli oppositori. Anche Calenda, come Bassolino o Paragone, riempie i vuoti della politica. Della destra e della sinistra.
L’ultimo partito della “prima repubblica”, la Lega, è in crisi profonda. Salvini sognava di estenderne al centro-sud l’organizzazione. Ha raccolto gli impresentabili dei partiti che furono. E dopo un pieno di voti alle politiche teme adesso il ridimensionamento. È solo un incidente o è un segnale della crisi del partito la cancellazione della lista della Lega dalle elezioni napoletane per irregolarità?
La Lega deve fronteggiare la crisi interna. Il primo strappo fu con il fondatore Umberto Bossi. Un travaglio doloroso, che portò alla nascita della star Matteo Salvini. Una ferita profonda alleviata solo dal grande successo e protagonismo della nuova Lega. Ma oggi la frattura è tra l’ala governista e istituzionale del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, con i governatori del Friuli e del Veneto, Fedriga e Zaia, e l’ala movimentista di Matteo Salvini. Questa crisi dirotterà i voti della Lega verso Fratelli d’Italia, o andrà a rafforzare l’area dell’astensionismo? La Lega stringe i denti e guarda ai voti di lista di Torino, Milano e Bologna prima di trarre delle conclusioni.
È vero che i sondaggi raccontano che a Milano e a Bologna, forse già al primo turno, vinceranno i sindaci del Pd, e che a Roma, Torino e Napoli dovrebbero farcela al secondo. Ma il partito di Letta avrà difficoltà a gestire questo bottino elettorale. Il partito del premier Draghi fa infatti proseliti giorno dopo giorno. E pesca in tutte le diverse componenti della maggioranza. Per giunta una possibile “repubblica referendaria” avanza come risposta alla crisi di proposte e di riforme costituzionali. Chi mai avrebbe pensato che il rischio dell’Italia sarebbe stato quello di trasformarsi in una immensa Svizzera?