Ancora tre settimane prima delle elezioni. I sondaggi impazzano, i candidati soffrono, e Napoli scommette sul suo futuro. Tensione alle stelle nel mondo della politica partenopea, per l’imprevista decisione dei giudici amministrativi che, l’altro giorno, hanno cancellato dalla competizione elettorale, per irregolarità, tre liste collegate al candidato del centrodestra, il magistrato Catello Maresca, e quella della Lega. Lasciando a casa oltre centocinquanta candidati. Ma anche una folla di aspiranti consiglieri delle (dieci) municipalità sono stati costretti a fermarsi ai nastri di partenza, per via delle liste congelate dal Tar. Se il Consiglio di Stato, entro sabato, dovesse confermare la decisione, lo stesso esito delle elezioni potrebbe risentirne – ma non fino a ribaltare il voto, perché centinaia di candidati portano comunque voti.
I sondaggi dicono che il candidato del Pd e dei 5 Stelle, il rettore dell’Università Gaetano Manfredi, si avvicina alla maggioranza assoluta, raccogliendo il 47% dei voti, una percentuale che si ritrova anche sommando l’insieme delle tredici liste al Consiglio comunale che lo sostengono. E dunque la partita dell’elezione al primo turno è ancora aperta.
Il candidato del centrodestra, Catello Maresca, potrebbe essere superato, per l’eventuale ballottaggio, dall’ex sindaco Antonio Bassolino. Maresca, infatti, è al 21,1%, Bassolino al 17,3%. Chi arriverà al secondo posto? Infine, la candidata del sindaco uscente, Luigi De Magistris, Alessandra Clemente, viaggia intorno al 10%. Ma a Napoli e dintorni può accadere che la tragedia si trasformi in “sceneggiata”. E quando questo avviene, in politica, il rischio è che diventi farsa. Perché – e arriviamo subito all’epilogo – Pietro Diodato, il “traditore”, aveva deciso di candidarsi con una delle liste di Catello Maresca che sono state cancellate dal Tar. Quello che è successo il sabato della presentazione delle liste nella sede di Fratelli d’Italia avrebbe fatto invidia al re della “sceneggiata” Mario Merola. Personificato, in questo caso, da Marco Nonno, anima “verace” del vecchio Msi napoletano, che ha dovuto appunto fronteggiare il “traditore” Pietro Diodato.
Alle 6.30 del mattino di quel sabato, nella sede napoletana di Fratelli d’Italia, invece di pistolettate o coltellate e schiaffoni, ci sono state “capate”, cioè testate (nel senso di scontro tra due teste), tra Marco Nonno e Pietro Diodato. E tutto è avvenuto alla presenza di diversi testimoni. A mezzogiorno scadevano i termini di presentazione delle liste e i funzionari del partito di Giorgia Meloni erano stati tutta la notte a controllare e ricontrollare le candidature per il Consiglio comunale e per le dieci municipalità con le relative documentazioni. Ma ecco che si presenta in sede Pietro Diodato annunciando che lui e i suoi candidati si ritiravano. Era un colpo basso, perché intanto Diodato aveva accettato la candidatura in una lista collegata a Catello Maresca.
Altro colpo di scena. Alle 10.30 Diodato, con un faldone di documentazione sotto braccio, torna in sede e dice di volersi ricandidare con Fratelli d’Italia. Marco Nonno teme che la decisione sia finalizzata a fare annullare la lista, ha uno scatto d’ira impossessandosi del faldone e riceve in cambio una “testata” da Diodato. Esito degli avvenimenti: espulsione di Diodato da Fratelli d’Italia. Cancellazione delle tre liste collegate a Maresca da parte del Tar. Liste separate alle dieci municipalità. Lega e Fratelli d’Italia da una parte, Catello Maresca e Forza Italia dall’altra.
Un tempo, Napoli era il “granaio” elettorale del Msi di Giorgio Almirante. Alle elezioni del 1980, il segretario si candidò in consiglio comunale raggiungendo oltre il 20% dei voti, e conquistando diciotto seggi. Gli eredi di quella stagione oggi si prendono a “capate”.