Ci pensa Confindustria ad accendere lo scontro sociale in questo ultimo scorcio di agosto. Il tema è la pandemia, ma non solo. Quali problemi si prevedono per gli indici di contagio in autunno, se non si raggiungerà l’80% dei vaccinati, soglia indicata come minima per ottenere la cosiddetta immunità di gregge? Il vaccino diverrà obbligatorio con leggi nazionali ed europee, se non si raggiungerà quell’obiettivo?
Carlo Bonomi, presidente dell’associazione degli industriali, ha scelto il meeting di Rimini di Comunione e liberazione per lanciare l’affondo: “L’obbligo vaccinale nei luoghi di lavoro e nella scuola è doveroso, il green pass obbligatorio. Ma è troppo facile rimandare la palla alla politica. C’è una differenza di posizione tra i partiti che difficilmente potrà farci arrivare a una legge”. Il solitamente ruvido Bonomi non accetta i vincoli del “semestre bianco” che precede l’elezione del nuovo inquilino del Quirinale e imporrebbe la tregua politica, in attesa delle elezioni amministrative di autunno. Può farlo anche perché il governo presieduto da Mario Draghi è molto sensibile alle richieste di Confindustria.
Resta intanto la frattura sul tema del green pass che non trova uniti i sindacati. Mentre la Cisl si augura una legge per rendere obbligatorio il vaccino (questione non semplice da risolvere giuridicamente, serve una legge da votare in parlamento), Cgil e Uil sono prudenti anche se auspicano chiarezza da parte del governo. Maurizio Landini, segretario della Cgil, è contrario addirittura all’obbligo del green pass sui luoghi di lavoro: teme discriminazioni e scuse per nuovi licenziamenti. Correggendo l’iniziale “no” a tutto tondo, si augura però una rapida soluzione legislativa. Da parte sua, Bonomi ha rilanciato la sfida: “Possiamo aggiornare i protocolli di sicurezza. Io sono pronto anche oggi, se i sindacati si vogliono sedere a un tavolo. Siamo una comunità”.
I protocolli a cui si fa riferimento sono quelli contrattati azienda per azienda, categoria per categoria, fin dai primi mesi della pandemia. Il tema è ridiventato caldo negli ultimi giorni per la questione dell’accesso alle mense aziendali: il governo ha disposto l’obbligo del green pass per accedervi, chi non ce l’ha deve mangiare fuori dagli spazi comuni. Un primo passo verso l’obbligo vaccinale dopo le norme nel settore della sanità e della scuola che preludono a una sorta di obbligatorietà di fatto?
Le voci di corridoio indicano che il bivio sia ormai questo: il governo sarebbe già intervenuto con più decisione se non ci fosse la contrarietà preventiva della Lega. Ora si attenderebbero i dati dei nuovi contagi post-vacanze per trarne le conclusioni. Si potrebbe varare quanto prima l’obbligo vaccinale per gli over 50 e per i dipendenti pubblici, una soluzione di buon senso che potrebbe ottenere l’assenso della Lega.
Per Bonomi, “i sindacati hanno fatto un grande errore, insieme a noi potevamo costruire quello che i nostri padri hanno costruito con la polio, ora non abbiamo tempo da perdere: la situazione è analoga a quella che avemmo per la polio negli anni Sessanta. Dobbiamo sederci a un tavolo, discutere”. Qui Bonomi ha toccato un nervo sensibile usando la carota: “Sono rimasto molto perplesso dell’atteggiamento di molti corpi sociali. Ero convinto che sull’onda di quello che era stato un momento drammatico, forse qualcuno si è dimenticato degli oltre 128mila morti nel nostro paese, ci saremmo seduti a un tavolo”.
Nessun cenno alla fase di rinnovo dei contratti che sta a cuore ai sindacati, alle norme per non aprire la via ai licenziamenti senza controllo dopo il blocco causa pandemia. Nessun riferimento nemmeno alla riforma degli ammortizzatori sociali invocata dai sindacati e su cui lavora da tempo il ministro Andrea Orlando.
Il presidente degli industriali non è andato tanto per il sottile invece su un altro punto: la delocalizzazione delle imprese. “Il ministro Orlando e il sottosegretario Todde – ha detto – pensano di colpire con un disegno di legge restrittivo le imprese sull’onda dell’emotività di due o tre casi che hanno ben altra origine e su cui dobbiamo intervenire”. E ha aggiunto: “Questo paese non prende mai atto della realtà: le imprese manifatturiere ci hanno tenuto insieme durante la crisi”. Per Bonomi, in definitiva, il disegno di legge anti-delocalizzazione su cui si sta lavorando, a firma Todde-Orlando, sarebbe solo “punitivo nei confronti dell’impresa”.
Il presidente di Confindustria ha dimenticato in un colpo solo i tanti aiuti pubblici ricevuti dalle aziende, con pochi vincoli, ripagati appunto con una disinvolta libertà di delocalizzazione dove i profitti sono più ampi in barba agli interessi del capitalismo nazionale a agli impegni precedentemente assunti per ottenere gli stessi aiuti assistenziali in tempi di pandemia. L’interesse “nazionale” è sempre a senso unico: vale solo per le imprese.
Bonomi ha parlato infine della congiuntura politica: “Temo che in autunno l’azione del governo venga fermata e non ce lo possiamo permettere. Abbiamo davanti due passaggi importanti: le amministrative in grandi città e il semestre bianco. I distinguo dei partiti sono già iniziati. Sono molto preoccupato che l’azione del governo sulle riforme sia rallentata da una maggioranza eterogenea”.
I partiti sono avvisati. Confindustria farà la voce grossa nelle prossine settimane sulla riforma della giustizia e su quella fiscale. Ci sono controproposte?