(Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2021) Prima di salire alle alte sfere della sicurezza nazionale come consigliere delegato del presidente Mario Draghi, l’ex capo della Polizia di Stato Franco Gabrielli ha preso una iniziativa ritenuta storica dagli esperti: si tratta del patto di collaborazione stretto con la Guardia di Finanza guidata da Giuseppe Zafarana per stanare i capitali riciclati. Ne ha dato notizia un comunicato ufficiale del Ministero dell’Interno dello scorso 4 marzo che parla di un protocollo di condivisione delle informazioni in materia di riciclaggio, anche quelle tutelate dal segreto d’ufficio: l’obiettivo è rafforzare la cooperazione investigativa e l’attività di polizia giudiziaria svolta dalle due Forze di polizia, attraverso la condivisione di informazioni di natura finanziaria e delle cosiddette “s.o.s.”, cioè le delicatissime segnalazioni di operazioni sospette.
Una buona operazione, diremmo di buonsenso, che può farci essere timidi nel porre una legittima domanda: ma è davvero possibile che fino ad ora non collaborassero? Possibile che tutto ciò sia eccezionale? Già. È uno dei tanti gangli dentro i quali si misura il ritardo storico di una organizzazione efficiente degli apparati dello Stato, anche per impedire inutili sovrapposizioni e doppioni.
Ma tant’è … Da oggi il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza trasmetterà segnalazioni e il contenuto delle comunicazioni delle unità finanziarie estere di polizia – ricevute attraverso l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia – agli Uffici centrali della Polizia di Stato quando riguardano profili investigativi trattati dalle cosiddette Specialità, come la Polizia Postale, la Stradale e la Ferroviaria. Analoga possibilità sarà prevista anche per il Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, che potrà richiedere informazioni finanziarie relative a proprie indagini. Il Protocollo prevede anche più poteri ai questori che avranno il potere di proporre misure di prevenzione patrimoniale, in qualità di autorità provinciale tecnica di pubblica sicurezza: oltre a delegare i consueti accertamenti patrimoniali, come prevede l’art 19 del codice Antimafia, potranno chiedere al comandante provinciale della Guardia di Finanza le s.o.s. e altre informazioni in fase di elaborazione di una proposta a carico di uno o più soggetti.
Il Protocollo firmato da Gabrielli e Zafarana prevede una riorganizzazione delle funzioni piuttosto importante che secondo alcuni non sarebbe stata ben accolta all’interno della DIA, la polizia investigativa antimafia dipendente dal Ministero dell’interno, che già accede alle s.o.s, e che vive una lunga crisi come ha detto a terzogiornale il colonnello Di Petrillo in un’intervista. Perché non dare disposizione al direttore della DIA – che è una polizia interforze – per rendere accessibili le s.o.s. alle altre articolazioni del dipartimento della pubblica sicurezza? È vero che la Polizia di Stato non ha gradito la nomina del Generale Giuseppe Governale, già capo del Ros, il reparto investigativo dei Carabinieri, alla DIA (2017/2020): nome imposto dall’Arma ma non amato per la sua gestione tranquillizzante e normalizzatrice – Franco Gabrielli, del resto, lo criticò apertamente. Eppure non convince l’ipotesi di un Protocollo usato come coltello dentro casa propria.
Al contrario, diverse fonti spiegano un altro aspetto della faccenda: l’alleanza tra Polizia e Fiamme Gialle sarebbe piuttosto tesa a mettere fuori gioco niente di meno che la Benemerita. Nell’audizione parlamentare del generale dell’Arma Giovanni Nistri, svoltasi lo scorso ottobre, prima della fine del suo mandato, si legge una certa insofferenza: “Mi riferisco, a mero titolo di esempio, all’archivio delle persone alloggiate nelle strutture ricettive, all’applicativo ‘Alloggiati Web’, ad oggi gestito e accessibile direttamente unicamente dalla Polizia di Stato”, oppure in un altro passaggio: “Penso anche alla necessità di un mirato scambio di dati con l’Unità di informazione finanziaria italiana (UIF)”. Del resto, i vertici della Polizia non hanno trascorso momenti troppo amichevoli con l’Arma negli ultimi anni: tra le questioni non ‘digerite’ c’è l’assorbimento del Corpo della Forestale da parte dei Carabinieri, un passaggio che, se proprio era necessario intervenire con una nuova riorganizzazione, e c’è da dubitarne, sarebbe stato naturale alla Pubblica sicurezza, piuttosto che ad un Corpo militarizzato. Proprio sul campo della prevenzione del riciclaggio – cioè uno dei terreni ormai più delicati e cruciali per contrastare l’illegalità – vi è da tempo una forte frizione tra l’Arma e la Guardia di Finanza che non ha gradito il protagonismo dei Carabinieri che si sono spinti fino a stringere accordi con le Dogane, storiche antagoniste dei Finanzieri nel controllo di tutto ciò che entra e esce dai nostri confini.
Di certo l’Arma non guarda con simpatia a quel Protocollo che, anzi, potrebbe rivelarsi un punto di debolezza enorme, escludendola dalle s.o.s., formidabili informazioni per inseguire le tracce degli illeciti, dando molto potere a chi le controlla. Una esclusione che potrebbe indicare anche il condivisibile desiderio di una riforma totale della pubblica sicurezza, ora guidata da Lanfranco Giannini, uomo di Gabrielli che alla cerimonia di insediamento tenuta il 10 marzo ha sottolineato la assoluta continuità tra i due mandati. Di sicuro c’è bisogno di rivedere gli schemi: la sovrapposizione delle funzioni non giova affatto alla efficienza dello Stato, composto da tanti Corpi ciascuno dei quali tende a tutelare e preservare sé stesso. Il che non vuol dire che tuteli lo Stato nel suo complesso.