Preferiamo chiamarle ferie e non vacanze, in ricordo di un tempo in cui le fabbriche chiudevano, il lavoro veniva sospeso ovunque per qualche settimana, e le lavoratrici e i lavoratori – per lo più stabilmente occupati – restavano a casa o andavano al mare, oppure ritornavano “al paese”, in quelle campagne da cui spesso provenivano: ciò per tutta l’epoca, durata fin oltre la metà del Novecento, che fu quella della “rivoluzione industriale”. Un periodo retribuito di ferie fu istituito per la prima volta dal governo del Fronte popolare, in Francia, nel maggio del 1936. E fu uno scandalo, per i borghesi benpensanti, la prospettiva che degli operai avrebbero potuto invadere le loro spiagge.
Oggi siamo dinanzi a tutt’altro. Le crisi industriali sono all’ordine del giorno, gli stabilimenti chiudono le porte, l’espulsione della forza-lavoro viva, in favore di una sempre più massiccia automazione dei processi produttivi, è sotto l’occhio di tutti; mentre, dove c’è ancora necessità di impiegare grossi numeri di esseri umani (come nelle aziende della logistica), le condizioni di lavoro subiscono un arretramento pauroso, diventano semischiavistiche, avvicinando obiettivamente i lavoratori delle città ai braccianti delle campagne, cioè a una manodopera per lo più immigrata e priva di diritti – senza che questo, peraltro, spinga verso la costruzione di un orizzonte comune di lotta.
Il socialismo, così come l’avevamo conosciuto, appare fuori fase. E perciò vale la pena impegnarsi per esso, costituendo un nucleo di ricerca e di formazione che possa servire, in prospettiva, a rilanciarne l’idea nella mutata situazione. Con questo spirito, sei anni fa, abbiamo costituito la Fondazione per la critica sociale. Con lo stesso spirito abbiamo aperto, sei mesi fa, il nostro “terzogiornale”.
Siamo moderatamente soddisfatti di come stanno andando le cose. Dai nostri venticinque lettori siamo passati a ventisei, ventisette, e anche oltre. A dire il vero – e non è che questo ci lasci tranquilli –, abbiamo in media pressoché raddoppiato i contatti rispetto ai primi giorni. Certi nostri articoli hanno indubbiamente sfondato se paragonati alle attese iniziali; ma va considerato che – come accade in ogni settore della vita sociale contemporanea – la stessa ricezione dei messaggi è oggi precaria, frammentata e frammentaria, e mai ci si potrebbe crogiolare in un piccolo successo supponendo che sia definitivo.
Soprattutto siamo riusciti a caratterizzarci. La nostra filosofia è quella di trattare pochi argomenti, ma riprendendoli, nello scorrere dei giorni, secondo linee quasi monografiche. Così, per esempio, abbiamo dedicato uno spazio ai problemi delle forze dell’ordine, della loro organizzazione, come pure ai loro slittamenti – nelle violenze, nelle torture, o nella cattiva gestione delle manifestazioni di piazza –, perché si tratta, in particolare in Italia, di una grande questione democratica. Oppure ci siamo interessati, con numerosi articoli, ai cambiamenti in senso sociale introdotti da papa Bergoglio nella Chiesa cattolica. Di qualche tema inizialmente non avremmo pensato di doverci occupare: per esempio, dei diritti della comunità Lgbtq+ e del destino del disegno di legge Zan. Un tema del genere per noi non sarebbe veramente caratterizzante, perché è del tutto scontato che i diritti degli individui debbano andare di pari passo con i diritti sociali, e che i secondi non possano essere fatti vivere senza i primi. Tirati in un certo senso per i capelli da una destra brutalmente retrograda come quella italiana, abbiamo sentito il dovere di occuparcene; con qualche stupore che la Chiesa di Bergoglio, in questa occasione, abbia voluto seguire un’impostazione tradizionale completamente priva di ragioni teologiche di fondo (basti pensare, in confronto, all’atteggiamento protestante in materia, al fatto che a Montpellier, in Francia, si siano di recente celebrate le nozze tra due donne pastore).
Insomma, adesso ci concediamo una pausa di riposo, augurandoci che alla ripresa, lunedì 23 agosto, i nostri lettori non ci abbiano dimenticato e non si debba ricominciare tutto da capo. Durante questo tempo, per non lasciarvi soli, inseriremo ogni giorno, dal lunedì al venerdì, alcuni nostri articoli già apparsi. Il criterio della selezione è molto “soggettivo”: non abbiamo scelto i pezzi “più belli”, ma soltanto quelli che ci hanno a nostro parere maggiormente caratterizzato – soprattutto quelli “più vecchi” in ordine di tempo, che magari alcuni dei nostri lettori non hanno visto.
Sappiamo che per molti potrà essere duro questo prosieguo di estate: per la pandemia, e non soltanto: diciamo – a voler essere sintetici –, per l’incertezza del futuro. Noi però ci saremo, per quanto è nelle nostre possibilità; ci ritroverete, se vorrete, anche con delle nuove piccole iniziative su cui stiamo riflettendo, e che al momento ci concederete di non anticipare…