La tornata elettorale che si è appena conclusa in Sassonia è stata particolarmente importante. Si trattava infatti dell’ultimo test prima del voto per scegliere il nuovo cancelliere, che si terrà il prossimo autunno. Due sostanzialmente i principali contendenti in lizza: la Cdu dei cristiano-democratici e l’Alternativa per la Germania (AfD), formazione di estrema destra che aveva conosciuto, al suo presentarsi nella precedente tornata elettorale del 2016, un risultato sorprendente, giungendo con il 24% fino ad insidiare la Cdu, arretrata al 29%.
I risultati odierni parlano chiaro: La Cdu consolida il proprio primato cogliendo un 37% di cui nessun sondaggio l’accreditava, mentre la AfD arretra a poco più del 20%. Tra le due formazioni si scava un rassicurante solco di 16 punti percentuale. Dalla tornata elettorale escono altre indicazioni politiche interessanti: i Verdi consolidano la propria posizione, ma non crescono quanto previsto, mentre la Linke e la Spd patiscono una consistente sconfitta perdendo rispettivamente il 5% e il 2,5% dei suffragi. C’è una ulteriore indicazione rilevante a livello nazionale: è stato eletto ministro-presidente del Land Reiner Haseloff della Cdu, che ha colto un grande successo personale, mostrando al partito che è possibile tornare a vincere dopo una serie di sconfitte.
Haseloff aveva nello scorso aprile preso le distanze dalla pasticciata, e poco trasparente, procedura che ha condotto alla individuazione di Armin Laschet quale candidato Cdu alle elezioni per la cancelleria, e aveva sostenuto invece la candidatura del rivale Markus Söder. Il trionfo di Haseloff, se da un lato ribadisce come la base della Cdu gradisca poco la candidatura di Laschet, uomo di apparato dai limitati mezzi politici e comunicativi, dall’altro finisce con la sua vittoria per rafforzare, sia pure indirettamente, la posizione dello stesso Laschet nella corsa al cancellierato.
Una nuova politica delle alleanze
L’esito elettorale schiude anche nuove possibilità di alleanze sul piano locale: mentre tramonta la coalizione “Kenya” (dai colori nero rosso e verde della bandiera del paese) tra Cdu, Spd e Verdi, che aveva governato nell’ultimo quinquennio, si affacciano altre opzioni, tra cui il coinvolgimento dei liberali della Fpd che hanno avuto un discreto risultato, con eventuale esclusione proprio dei Verdi.
Il responsabile della Cdu ha affermato al riguardo: “Ora è tempo di parlare, poi verrà il momento di scegliere”. Il venire meno della coalizione “Kenya” non sarebbe senza conseguenze a un livello più alto, dato che prima delle elezioni si era ipotizzato che, se confermato, questo accordo tra i tre partiti potesse costituire un modello sul piano nazionale. La situazione che è uscita dalle urne, invece, rischia di mandare in frantumi i sogni di gloria di Annalena Baerbock. I Verdi hanno infatti fatto riscontrare una crescita modesta, molto minore alle attese, e potrebbero finire relegati sui banchi dell’opposizione anziché su quelli del governo: e questo non solo in Sassonia, ma anche al Bundestag. Certo, ci sono motivazioni locali che spiegano la debole crescita dei Grünen. La Sassonia rimane una regione agricola e gli slogan dei Verdi, che richiamavano la necessità di una energica politica di difesa del clima, sono suonati spesso astratti e calati dall’alto, senza diretto contatto con le problematiche economiche del Land.
La sconfitta della AfD
Il dato di maggior rilievo rimane in ogni caso la sconfitta della AfD. Nonostante il portavoce Jörg Meuthen abbia affermato che quello ottenuto è “un risultato rispettabile”, dato che continua a essere la seconda forza politica della regione, il partito esce sostanzialmente ridimensionato nelle sue aspirazioni. Le motivazioni sono molte: da un lato la AfD è lacerata, al suo interno, tra una componente più centrista e una destra molto radicale e aggressiva; dall’altro questo insuccesso va a sommarsi ad altri risultati negativi riscontrati quest’anno.
Hanno giocato un ruolo sia l’affievolirsi dell’impatto dei migranti, ancora forte nel paese durante la tornata elettorale del 2016, sia le posizioni negazioniste assunte da una parte del partito durante la pandemia, culminate in manifestazioni senza mascherina che hanno mostrato l’assenza di una strategia sensata di fronte all’emergenza sanitaria, allontanando molti elettori. È anche sempre più chiaro che le posizioni oltranziste, sbandierate nel corso della campagna elettorale da estremisti di destra come Björn Höcke, hanno solo portato acqua al mulino della Cdu. Se è evidente, infatti, che nella ex-Germania Est una parte consistente della popolazione è orientata in senso conservatore, e che rimangono da scontare molti degli errori commessi dopo la riunificazione, l’intolleranza e l’odio verso i migranti pagano sempre meno in termini elettorali.
Spd e Linke in difficoltà
Prosegue il calo della sinistra: mentre la Linke si mantiene, sia pure faticosamente, ancora su un risultato a due cifre con l’11%, la débâcle dei socialdemocratici li riduce a un partito del poco più dell’8%, con il peggior risultato a livello locale mai ottenuto nel dopoguerra, anche se i vertici continuano a sperare di essere coinvolti nella coalizione di governo in gestazione. Il rischio è però che questo eventuale coinvolgimento non rappresenti il definitivo colpo mortale per un partito svuotatosi di contenuti, ridotto a mero apparato burocratico, che da tempo ha perso il contatto con l’elettorato.
Per la Linkeil discorso è più complesso: nonostante il calo di oltre il 5% rispetto al 2016, rimane la terza forza del Land. I vertici parlano apertamente di sconfitta e di “giornata fosca”, e c’è una sgradevole realtà da affrontare, visto che l’analisi del voto mostra che l’elettorato della Linke è prevalentemente “over 60”. Un esito nel complesso malinconico, che rivela probabilmente anche la progressiva scomparsa dell’effetto Ostalgie, o “nostalgia dell’Est”, quella sorta di rimpianto del vecchio regime che, in passato, aveva contribuito ad alimentare il bacino elettorale del partito.
Ripercussioni
Rispetto alle paure che avevano accompagnato la campagna elettorale, alimentate dalla possibile e paventata crescita della AfD, il risultato è stato per molti versi sorprendente. I sondaggi davano Cdu e AfD così vicine da far temere conseguenze politiche importanti. La Cdu esce invece rafforzata e rilanciata anche sul piano nazionale, mentre cominciano ad allungarsi ombre sulla possibilità dei Verdi di competere alla pari nelle elezioni di settembre. Anche il declino della sinistra, che pure si inserisce tutto sommato in un trend negativo nazionale ed europeo, deve fare riflettere. Solo da un suo radicale rinnovamento può venire un’alternativa politica in grado di attrarre le generazioni più giovani e di apparire concretamente propositiva.