L’Italia è di fronte a un bivio. All’uscita del lungo tunnel della pandemia si tratta di fare scelte che determineranno i prossimi sei-dieci anni e non è questione solo del miglior utilizzo possibile dei fondi europei del Recovery Plan. Si tratta di scegliere un modello di Paese e un modello di sviluppo senza ripetere i molti errori del passato. Nonostante i tanti proclami pubblici all’insegna delle nuove frontiere della sostenibilità sociale e ambientale, si ripresentano brutti fantasmi che pensavamo di aver relegato nelle soffitte del ventennio berlusconiano. Gli esempi, nel campo delle politiche industriali e del lavoro, si sprecano. E anche da questo punto di vista – come il “terzogiornale” ha scritto a proposito delle scelte in tema di finanza pubblica – il governo Draghi è chiamato alla prova di una scelta di classe. L’ultimo esempio in ordine di tempo riguarda lo scampato pericolo sulla norma che avrebbe introdotto il principio del massimo ribasso nella gestione delle gare d’appalto.
Blitz e dietrofront
Nella prima stesura del Decreto Semplificazioni il concetto era espresso con chiarezza. Per accelerare i tempi di applicazione e realizzazione dei progetti legati al Recovery e al Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza), il governo proponeva di ricorrere al massimo ribasso nelle gare d’appalto. Salta la possibilità di aggiudicare al massimo ribasso per le grandi opere del Pnrr, in caso di assegnazione dell’appalto su progetto di fattibilità. Su questo si è alzato il muro dei sindacati confederali, ma anche di alcuni partiti della sinistra, Pd compreso. Così, nell’ultima versione del decreto, rimane la possibilità di assegnare i contratti particolarmente complessi sulla base di semplici progetti di fattibilità tecnico-economica, ma non viene più riportata la clausola che consentiva in questi casi la possibilità di procedere all’aggiudicazione del contratto “sulla base del criterio del prezzo più basso”.
Si potrebbe dire, appunto, “pericolo scampato”, ma il segnale che è stato dato è preoccupante e indica se non una tendenza, una manifestazione di forze che tendono verso un’unica direzione. Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che si era speso da subito contro il provvedimento, ha fatto sapere ai giornalisti che nel decreto semplificazioni è scomparsa la logica del massimo ribasso. “Siamo stati convocati per discutere del decreto semplificazioni – ha detto uscendo da Palazzo Chigi giovedì pomeriggio (27 maggio) –, dentro il decreto non c’è più alcun riferimento alle gare al massimo ribasso. Questo lo consideriamo un fatto positivo, è quello che chiedevamo: è sotto gli occhi di tutti ciò che il massimo ribasso ha determinato nel Paese, i danni che ha recato ai lavoratori, alla qualità delle opere e favorendo l’ingresso della malavita organizzata”.
Ma a proposito di manine che scrivono le norme e poi sono costrette a cancellarle, divertente la dichiarazione del segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni: “Sulla marcia indietro del governo sul massimo ribasso c’è una cosa curiosa: siccome vedo che tutti i partiti della maggioranza rivendicano questo risultato, anche se per la verità fino a ieri si erano mobilitate solo le organizzazioni sindacali e alcune forze di opposizione, mi domando allora chi è che aveva messo questa norma nel decreto legge”. “Che tutte le forze della maggioranza a un certo punto rivendichino il risultato di aver eliminato una norma da un decreto, le cui prime bozze avevano ampiamente visto, e fino a quel momento non aveva suscitato alcuna reazione particolarmente significativa, è davvero curioso. Evidentemente – conclude – questo governo si muove al di fuori di ogni funzione dei partiti che lo sostengono”.
Verso la proroga della soglia subappalti
Ma se il massimo ribasso è rientrato, rimangono aperte altre questioni molto delicate, una riguarda la soglia per i subappalti che dovrebbe restare ferma al 40%, come nella misura attualmente in vigore e che, nel nuovo Decreto Semplificazioni, verrà semplicemente prorogata. In merito al decreto Recovery, il governo prevede infatti di permettere l’uso dell’appalto integrato. Sul tema del subappalto Draghi, nell’incontro a Palazzo Chigi con i sindacati, ha sottolineato che la normativa europea ha di fatto liberalizzato quest’area, facendo cadere i limiti imposti nell’ordinamento italiano. C’è la necessità, quindi, di tenere insieme il rispetto del diritto Ue che prevede il superamento dei limiti al subappalto con la massima tutela del lavoro e della legalità.
Un tavolo tecnico tra governo e sindacati, presieduto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, è stato subito attivato e da lì dovrà scaturire la soluzione. Ed è sempre Landini a spiegare che il confronto con il governo dovrà basarsi su un criterio fondamentale, quello della tutela dei lavoratori in subappalto: “Chiediamo una responsabilità in solido dell’appaltatore, per fare in modo che i diritti, le tutele, i trattamenti economici e normativi siano gli stessi garantiti ai dipendenti dell’azienda centrale. Insomma, chi fa lo stesso lavoro deve avere gli stessi diritti e stesse tutele”. La “tutela” del lavoro è il “vero obiettivo” da realizzare “per la ricostruzione del Paese”, ha ribadito poi Landini durante la manifestazione davanti a Montecitorio (28 maggio). “La vera ripresa, l’uscita dalla pandemia – ha detto –, si può avere solo intervenendo sul lavoro. Abbiamo avanzato al governo richieste precise, ci stanno ascoltando poco. Se c’è la volontà di mettere al centro il lavoro allora bisogna fare scelte precise. Valuteremo nei prossimi giorni le risposte del governo. Lo diciamo anche a Confindustria”.
La proposta Bombardieri
I sindacati sono scesi in piazza davanti al parlamento per vari motivi, non solo quelli relativi al Decreto Semplificazioni. Al centro dell’attenzione dell’attività sindacale – ma anche dell’opinione pubblica scossa dagli ultimi fatti di cronaca – c’è il tema tragico delle morti sul lavoro. “È una vergogna, è una strage, è un’emergenza nazionale. Continuiamo a dire no alle morti sul lavoro e dobbiamo ottenere delle risposte alle cose che chiediamo”, dice il segretario generale della Uil, Pier Paolo Bombardieri citando i dati Inail nonché le morti per l’incidente alla funivia di Stresa, la ragazza morta a Prato, i braccianti agricoli drogati a Latina per non sentire la fatica. “Cosa aspettano il governo e le controparti a intervenire? Ci dicono che sono tutti d’accordo. Allora lanciamo una proposta alle associazioni datoriali: buttateli fuori. Fuori chi viola le leggi sulla sicurezza. Altrimenti vale la logica del profitto a qualsiasi costo, anche a costo della vita”.
Bombardieri ha quindi chiesto che non siano dati “soldi pubblici a chi uccide lavoratori”. Per la Uil, ma su questo sono d’accordo tutti e tre i sindacati confederali, “bisogna fare in modo che l’applicazione dei contratti sia un elemento che determina il bando di gara. Va poi affrontato il tema delle stazioni appaltanti: occorre ridurle e qualificarle. Bisogna fare assunzioni direttamente dentro le stazioni appaltanti con lo scopo di qualificarle, così come negli uffici comunali e regionali. Sulla seconda parte il nostro giudizio verrà espresso dopo il confronto tecnico. Ci è stato detto che questo approfondimento servirà poi per portare la proposta in Consiglio dei ministri. Lo verificheremo”.
Morti sul lavoro
Le statistiche procedono però inesorabili. Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail entro il mese di aprile sono state 306,26 in più alle 280 registrate nel primo quadrimestre del 2020 (+9,3%) e in linea con quelle del primo quadrimestre 2019 (303 eventi mortali). Il confronto tra il 2020 e il 2021 richiede però cautela, in quanto i dati delle denunce mortali degli open data mensili, più di quelli delle denunce in complesso, sono provvisori e influenzati fortemente dalla pandemia, con il risultato di non conteggiare un rilevante numero di “tardive” denunce mortali da contagio Covid-19, in particolare quelle del mese di marzo 2020, entrate negli archivi solo nei mesi successivi alla fotografia scattata il 30 aprile 2020. Si fa notare, inoltre, che i decessi causati dal Covid-19 avvengono dopo un più o meno lungo periodo di tempo intercorso dalla data del contagio. Stabile invece il dato generale relativo alle denunce di infortunio: tra gennaio e aprile sono state 171.870 (-0,3% Rispetto allo stesso periodo del 2020).
Ciao Matteo
Dalle statistiche alle persone, alle tragedie individuali. “È il nostro anniversario, ma tu non ci sarai”. Claudia ha salutato così su Facebook il suo Matteo. Matteo Leone, 35 anni, se n’è andato giovedì: era ricoverato all’ospedale per i traumi dell’incidente del giorno prima, nel porto di Salerno, investito da un carrello elevatore mentre lavorava. Ha combattuto, ma non ce l’ha fatta. E pensare che due anni fa aveva sconfitto la leucemia e che in passato suo papà, portuale anche lui, era sopravvissuto a un altro incidente sul lavoro. Il “figlio di tutte le mamme del porto”, recita un altro messaggio sui social. E ancora: “San Matteo ha perso un’altra spalla. Buon viaggio Mattè”, perché Matteo era uno dei “portatori” delle paranze di San Matteo e Sant’Anna, le processioni che esibivano per le vie della città le statue dei due santi. “Nu buono guaglione”, dice chi lo conosceva e oggi lo piange. Come gli amici tra gli ultras della Salernitana, che per rispetto hanno deciso di rimuovere tutti i festoni che festeggiano la promozione in serie A della squadra.
Una nuova concertazione?
I temi caldi ci sono tutti. Le buone intenzioni delle parti in causa, governo, industriali, sindacati, ci sono tutte. Ma come si tradurrà nei fatti questo clima di dialogo apparente che sembra contraddire le tante manine che scrivono le norme con la filosofia del vecchio Giulio Tremonti? Il governo Draghi sembra molto sensibile ai richiami della Confindustria. E questo si è visto chiaramente sulla faccenda del no al ministro del Lavoro Andrea Orlando che aveva proposto una nuova proroga del blocco dei licenziamenti. Il governo ha scelto la posizione di Confindustria; poi, per evitare la rottura definitiva con i sindacati (che cominciavano a parlare di sciopero generale), li ha convocati prima del varo del nuovo Decreto Ristori. Quella chiamata in extremis è stata giudicata importante, dai leader sindacali. Ma ora si tratta di dare un seguito alla riapertura del dialogo. “Su tutte le riforme previste dal Pnrr – citiamo ancora Landini – per il governo deve diventare una regola: fare prima un confronto e una trattativa con i sindacati, pur senza mettere veti. Il mondo del lavoro deve esprimere il suo parere. L’abbiamo detto nell’incontro, su questo non abbiamo avuto risposte”.
La fine del blocco dei licenziamenti, confermato solo fino al 30 giugno, sarà il primo macigno.