L’udienza privata concessa da papa Francesco a John Kerry, inviato speciale dell’amministrazione Biden per il clima, è molto interessante in sé: non tanto perché svela, anche per le dichiarazioni rilasciate nelle ore passate, la convergenza tra amministrazione Biden e Santa Sede sulla questione dei mutamenti climatici, dell’inquinamento, delle sue conseguenze e dell’urgenza di difendere l’ambiente, che per il Vaticano è “la casa comune”. È interessante perché, benché oggi lontano dai riflettori della grande stampa, anche John Kerry, anni fa, finì nel cono di luce ispettiva dell’ala oltranzista vaticana e della Chiesa americana.
A quel tempo Kerry era candidato alla Casa Bianca, e alcuni – a cominciare dal cardinale prefetto del Culto Divino, sua eminenza Francis Arinze – chiesero che gli venisse negata la comunione essendo un “pro choice” sull’aborto, proprio come lo è Joe Biden. Kerry spiegò di essere contro l’aborto individualmente (o, in altre parole, che per quanto attiene alla sua persona non lo avrebbe mai scelto), ma di non ritenere che ciò andasse imposto a tutta la società per una serie di motivi. I “pro choice”, a volte, si riferiscono alla possibilità di essere per la libertà di non scegliere l’aborto, creando le condizioni perché questa opzione non venga scelta. Ma a Kerry non bastò per convincere gli oltranzisti. E neanche basta oggi a Biden. Così diviene interessante capire perché Francesco abbia scelto la forma dell’“udienza privata”. Kerry ha un titolo per essere ricevuto in visita di Stato: è l’inviato del presidente degli Stati Uniti per un argomento che il papa ritiene decisivo per il mondo. L’udienza privata riduce il valore della scelta? Non credo. Forse vi si può leggere un risvolto elementare: se l’ufficio è così importante per la politica, perché non una visita di Stato? Può essere un problema organizzativo, di tempi e procedure, ma comunque si vede non una riduzione delle distanze tra Francesco, Biden e Kerry sul tema “aborto” – quelle sono chiare e note –, quanto piuttosto il fatto che Francesco sa e ripete che non può essere una conferenza episcopale a esprimersi sul “no alla richiesta di avere la comunione” da parte di un singolo, ma il suo ordinario, cioè il vescovo.
Può il vescovo di San Francisco esprimersi sull’opportunità di sconsigliare a John De Villette, cittadino di Las Vegas, di accostarsi alla comunione? No, non potrebbe. E allora perché dovrebbe farlo per Kerry o Biden? Per la loro notorietà? Senza conoscerli? Il vescovo di Washington, dove Biden risiede, si è già espresso: lui la comunione a Biden la darà. E allora il vescovo di San Francisco cosa c’entra? Questa non è un’idea di Francesco, questa è la dottrina ufficiale cattolica, quella alla quale Bergoglio ispira abitualmente le sue scelte, causando scandalo in molti cattolici… Strano, perché, se il problema non venisse affrontato così, allora si dovrebbe parlare non di uno sconsigliare l’accostamento alla comunione ma di scomunica vera e propria. Si tratterebbe di capire come mai chi vuole scomunicare Biden – per un voto in coscienza, non per comportamenti personali o crimini – ritenga che tutti i cattolici di cui pullulava l’amministrazione Trump non meritassero altro che lodi. Tutto bene anche con la divisione dei minori migranti dalle loro madri? E la centralità della famiglia? Non c’è più? C’è solo l’aborto nel cuore del cattolicesimo?
Se guardassimo ai motivi per cui si potrebbe essere scomunicati, avremmo un’idea diversa: la chiarisce il docente alla pontificia Università Gregoriana, Rocco D’Ambrosio: “Il divieto di partecipazione all’eucaristia, infatti, è un provvedimento molto grave, da motivare: ‘la scomunica può essere comminata solo per delitti da punire con una giusta pena, vista la speciale gravità della violazione […] e la necessità di prevenire o riparare gli scandali’ e secondo un preciso iter procedurale stabilito dal canone 1399. Quindi si scomunicherebbe un politico, e per quale motivo? Perché di sinistra? Ha per caso pubblicamente preso le distanze dalla dottrina cattolica (de fide vel moribus) o si è macchiato di crimini gravi? Si comprende l’assurdità della proposta, che induce a pensare come forse la posizione di diversi vescovi statunitensi contro Biden non abbia motivazioni dottrinali, ma forse bassamente pragmatiche: privilegi economici e di potere che la destra cattolico-politica sembrerebbe assicurare ad alcune Chiese locali”.
L’impressione è allora che – dall’udienza romana concessa a John Kerry – sia uscita più forte la visione cattolica e più debole il suo collegamento con partiti e interessi politici.