Come sta andando la campagna vaccinale Usa? Molto bene a giudicare dai numeri dei vaccinati. Molto meno bene se si guarda al futuro della messa in sicurezza della popolazione. Una apparente contraddizione dovuta a due fatti. Già in campagna elettorale Joe Biden aveva promesso che entro i primi 100 giorni del suo mandato (un traguardo simbolico per la prima volta fissato da Franklin Delano Roosevelt e imitato poi da tutti i suoi successori) avrebbe vaccinato 100 milioni di americani.
Era una scommessa e la scommessa, appena due mesi dopo, era già stata vinta. Trump, ancora da presidente, aveva contratto il Covid e, insieme alla moglie, si era vaccinato, ma aveva sempre mantenuto un atteggiamento di distacco e di dubbio sull’utilità dei vaccini (e non solo: sulle mascherine e su tutte le misure di prevenzione – chiusure, distanziamento, ecc.); era arrivato anche a schernire i giornalisti che si presentavano alle sue conferenze stampa con la mascherina e a scoraggiare apertamente i funzionari della Casa Bianca dall’indossarle. Aveva anche proposto cure alternative fantasiose (e pericolose) come iniezioni di idrossiclorichina e di altre sostanze.
Intanto, nella indifferenza sostanziale della Casa Bianca l’epidemia si diffondeva e mieteva vittime; blande restrizioni venivano applicate e poi, sotto la pressione degli Stati, allentate provocando un’ondata epidemica dopo l’altra, che ha portato (metà aprile 2021) il numero dei contagi a 31 milioni e il numero dei decessi a 564 mila. Ciononostante, Donald Trump continuava a sottovalutare in pubblico la gravità della situazione nel timore (rivelatosi poi pienamente giustificato) che l’inefficienza della sua amministrazione nel combattere il virus lo avrebbe danneggiato nelle elezioni del 3 novembre. Così, la seconda più grave epidemia da un secolo a questa parte – seconda solo alla Spagnola del 1918-1920 che provocò 675 mila morti e molto più grave dell’epidemia di AIDS-HIV con i suoi 700 mila morti in 30 anni – è stata colpevolmente sottovalutata fino agli ultimi giorni della presidenza Trump.
Con Biden è cambiato tutto. Il suo nuovo capo di gabinetto e consigliere per l’epidemia durante la campagna elettorale, Ron Klain, aveva già messo a punto un piano vaccinale che, subito dopo l’insediamento di Biden, ha consentito alle vaccinazioni di partire immediatamente. Biden si è sempre fatto vedere con la mascherina, che Trump considerava poco “virile”, e così tutti i suoi collaboratori. Gli Stati e le città (e già, perché anche in questa materia la competenza è principalmente statale, creando non pochi conflitti tra governo federale e governi statali) hanno cominciato ad applicare chiusure e regole più restrittive – anche se a macchia di leopardo. Grazie al fatto che i tre principali vaccini, Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson sono prodotti negli Stati Uniti, la campagna è potuta partire senza l’intoppo delle forniture. Il tanto disprezzato (da Trump) dott. Fauci ha potuto riprendere il suo ruolo di guida tecnico-scientifica dell’intera operazione.
E i risultati si sono visti: a metà marzo 2021 l’obbiettivo di 100 milioni di vaccinati era raggiunto così che Biden ha potuto spostare l’asticella a 200 milioni entro la fine di aprile. A metà aprile più di un terzo della popolazione degli Stati Uniti aveva ricevuto almeno una dose di uno dei tre vaccini disponibili. Le differenze tra gli Stati sono tuttavia significative. Quelli della costa atlantica e pacifica e del Nord, a maggioranza democratica, hanno vaccinato in media 5 punti percentuali in più di quelli del Sud e del Midwest a maggioranza repubblicana – un divario che riflette la differenza di atteggiamento nei confronti della pandemia e dei provvedimenti per arginarla largamente su base di appartenenza partitica.
A parte le frange estremistiche come QAnon sostenitrici delle teorie complottiste più fantasiose (tra cui la tesi secondo la quale Bill Gates intenderebbe con i vaccini introdurre microchip di controllo nella popolazione), è una parte consistente dell’elettorato repubblicano ad essere tuttora ostile o scettico alla vaccinazione. Un recentissimo sondaggio ha rivelato che un terzo degli elettori (reali o potenziali) repubblicani, cioè circa 50 milioni più i loro famigliari, non intende vaccinarsi, mentre la percentuale scende al 5% tra i democratici. Non solo, nell’esercito e in particolare tra i marines la percentuale di coloro che hanno rifiutato di vaccinarsi arriva in alcune basi al 50%!
È il frutto avvelenato di un anno di sistematica disinformazione e minimizzazione dall’alto, per fini politici e elettoralistici, che però continua nella nuova situazione politica ad essere radicata tra i sostenitori dell’ex presidente. Ora che i processi agli assalitori del Campidoglio stanno per iniziare e che la presenza pervasiva di Trump (grazie anche all’estromissione da Twitter e Facebook) è in netta discesa, i suoi sostenitori si abbarbicano contro ogni evidenza all’ultimo appiglio complottistico.
Il problema è che in una pandemia tutti sono interconnessi; un democratico non può tirarsi fuori e dire “Oh, beh, se il mio vicino repubblicano non vuole vaccinarsi è affar suo!” Il successo di una vaccinazione di massa dipende dal fatto che sia realmente di massa, e cioè che un numero sufficiente di persone accettino di vaccinarsi. Se così non sarà – e al momento è difficile che, stante l’opposizione dei repubblicani, si riesca a raggiungere la soglia critica dell’immunità di gregge – il principale primo obbiettivo della presidenza Biden diventa a rischio, e con esso il suo ambizioso programma di riforme.
Per questo, e non solo per debellare la pandemia, Biden ha bisogno che abbia successo. Ed è per lo stesso motivo che, in modo irresponsabile se non addirittura criminale, molti esponenti politici repubblicani continuano ad alimentare lo scetticismo nei confronti dei vaccini.