Il conflitto tra cattolici e protestanti ha insanguinato l’Europa, secoli fa. Nessuno dei due riconosceva la legittimità dell’altro e principi, re o imperatori usarono questo conflitto per i loro interessi. Lo stesso accade nell’islam, che secondo il suo calendario è in secoli non molto lontani da quelli del conflitto tra cattolici e protestanti. Dalle sue origini l’islam si è spezzato in due, i sunniti, convinti che il successore di Maometto potesse essere scelto tra tutti i suoi seguaci e gli sciiti, convinti che solo un congiunto di Maometto potesse guidare la comunità. Ne è nata una disputa sanguinosa che perdura e si è cristallizzata in teologie complesse, creando vessazioni e scontri ma anche ricchezza, se ci si capisse: le differenze capite arricchiscono e anche l’islam è più ricco come mondo plurale. Il problema è riconoscersi. Quando Francesco ha partecipato alla commemorazione del cinquecentenario di Lutero ha fatto questo.
Ora ha capito che per porre termine alla guerra militare scatenata dagli opposti imperialismi per conquistare l’islam (con il sostegno di imperialismi esterni) occorre un reciproco riconoscimento di fratellanza tra sunniti e sciiti. Basti pensare a come vivranno i sunniti cittadini dell’Iran (sciita) e gli sciiti cittadini dell’Arabia Saudita (sunnita). Le guerre di religione sottendono sempre guerre di ben altro “valore”, ma i cristiani monofisiti, cioè quelli che non riconoscevano la duplice natura di Cristo come stabilito dal Concilio Ecumenico di Calcedonia, sanno bene, anche perché quasi spariti, che la persecuzione peggiore è quella verso l’eretico.
Dopo aver firmato ad Abu Dhabi il documento sulla Fratellanza con la principale autorità sunnita, Francesco si è recato in Iraq, dove ha incontrato l’ayatollah al-Sistani, nella città santa dello sciismo, Najaf. Anche con lui ha parlato di fratellanza. Nel documento sulla Fratellanza, firmato solennemente ad Abu Dhabi, è scritto: “La libertà è un diritto di ogni persona: ciascuno gode della libertà di credo, di pensiero, di espressione e di azione. Il pluralismo e le diversità di religione, di colore, di sesso, di razza e di lingua sono una sapiente volontà divina, con la quale Dio ha creato gli esseri umani. Questa Sapienza divina è l’origine da cui deriva il diritto alla libertà di credo e alla libertà di essere diversi. Per questo si condanna il fatto di costringere la gente ad aderire a una certa religione o a una certa cultura, come pure di imporre uno stile di civiltà che gli altri non accettano”. Sono parole che non hanno bisogno di molti commenti e spiegano molto non solo in termini di rapporti tra musulmani e cristiani, ma anche tra sunniti e sciiti”.
Nessuno sa cosa si siano detti Francesco e l’ayatollah al-Sistani, suprema autorità sciita custode da decenni della scuola teologica della città santa della sua confessione. Ma colpisce che poche ore dopo la partenza del papa, le massime autorità politiche irachene abbiano ufficialmente invitato proprio la suprema autorità religiosa sunnita che ha firmato questo documento con il papa, lo sceicco al-Tayyeb, a visitare il Paese. E lui ha accettato l’invito. Cosa va a fare in Iraq lo sceicco al-Tayyeb? Qualcuno sta lavorando a un incontro con l’ayatollah al-Sistani? Questo nessuno lo sa, ma è difficile escluderlo. Il papa, sul volo di ritorno a Roma, ha riferito queste parole dettegli dall’ayatollah: “ gli uomini sono o fratelli per religione o uguali per creazione. Nella fratellanza è l’uguaglianza, ma sotto l’uguaglianza non possiamo andare”. Pensiamoci bene: forse Bergoglio, il papa della fratellanza, sta riuscendo in quello che nessuno vuole: proporsi come honest broker in una disputa che toglie copertura religiosa a imperialismi feroci. Poi alcuni dicono che non è stato un viaggio “epocale”.