Quando alla fine di gennaio di quest’anno i morti per Covid negli Stati Uniti hanno superato quota 405mila 399 tutti gli americani hanno realizzato che si era arrivati a un giorno che nessuno avrebbe immaginato: i morti per Covid quel 21 gennaio 2021, giorno in cui la John Hopkins University ha reso noto il suo computo, hanno superato i caduti nella II guerra mondiale.
Erano anche giorni in cui tutti i cittadini degli Stati Uniti d’America avevano fresca nella loro memoria la promessa del nuovo presidente, Joe Biden, insediatosi il giorno prima assicurando che avrebbe lanciato un rapidissimo piano vaccinale senza precedenti nella storia americana. Ma il comunicato dei vescovi cattolici americani, Chiesa alla quale appartiene il nuovo presidente, si concentrava per metà della sua lunghezza sul tema dell’aborto, scelta non privatamente ma politicamente sostenuta da Joe Biden, cattolico devoto ma “adulto”.
Quel testo che enucleava la questione aborto da tantissime altre questioni relative alla difesa della vita (Covid, immigrazione e altro ancora) fu duramente criticata dal cardinale Cupich, che parlò di scelta “sconsiderata” e che non aveva rispettato le richieste procedure collegiali. I vescovi americani infatti sono divisi tra chi, come l’arcivescovo di Washington, non si sogna minimamente di negare la comunione a Biden, e la maggioranza che invece invoca questa linea proprio perché la linea Biden sull’aborto a loro avviso è incompatibile con i sacramenti. In una recente intervista Benedetto XVI, che ha definito alcuni ambienti cattolici che lo criticano per essersi dimesso “un po’ fanatici”, ha detto che Biden in privato è contro l’aborto ma in politica sostiene la linea del suo partito. Anche il rigoroso Ratzinger non sembra scomunicare…
Di lì a breve è arrivata da Roma, dalla Congregazione per la dottrina della fede, una chiarissima presa di posizione sull’uso dei vaccini: si possono usare “tutte le vaccinazioni riconosciute come clinicamente sicure ed efficaci con coscienza certa che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione formale all’aborto dal quale derivano le cellule con cui i vaccini sono stati prodotti”. Così emergeva la ammissibilità dei vaccini da tempo esistenti, Pfizer e Moderna, che ricorrono all’uso di cellule di feti abortiti negli anni Settanta non certo per finalità di ricerca. Anche altri vaccini in passato hanno fatto ricorso a cellule analoghe. La linea vaticana è chiara ma aggiunge: “la moralità della vaccinazione dipende non soltanto dal dovere di tutela della propria salute, ma anche da quello del perseguimento del bene comune”.
In definitiva i criteri seguiti dalla Santa Sede sono tre: la cooperazione di chi ha realizzato il vaccino con l’aborto che ha prodotto le cellule impiegate è ammissibile perché materiale, passiva e remota. Ha scritto al riguardo il gesuita Casalone: “Sono termini che designano condizioni ben determinate. Anzitutto, la cooperazione è materiale quando non si condivide l’intenzione di chi ha compiuto l’azione principale: in questo caso l’uccisione, che si presume deliberata, di un innocente”. Dunque in questo caso è chiaro che Pfizer e Moderna non condividevano l’intenzione di chi abortì decenni fa. Poi la loro azione è chiaramente passiva, perché “non si richiede la ripetizione di altri aborti: per la preparazione dei vaccini si utilizzano infatti cellule già disponibili nei laboratori dagli anni Settanta-Ottanta”. Infine tale collegamento è indubitabilmente remoto.
È accaduto però, come tutti sanno, che proprio negli Stati Uniti, con finanziamento stanziato dal primo presidente che ha partecipato alla marcia contro l’aborto, Donald Trump, è stato realizzato il vaccino Johnson and Johnson, che ha il grande vantaggio di prevedere una unica somministrazione. Il vaccino Johnson and Johnson, secondo il sito anti-abortista LifeSite News userebbe la linea cellulare fetale PER.C6 derivata dal tessuto retinico prelevato da un bambino di 18 settimane che è stato abortito nei Paesi Bassi nel 1985 e successivamente convertito in una linea cellulare fetale nel 1995. Così a fine febbraio il vescovo di New Orleans ha sorpreso molti divulgando un suo comunicato: questo vaccino è moralmente pericoloso e i fedeli non possono usarlo, a differenza degli altri due (sui quali si era già pronunciato il Vaticano). Difficile capire quali criteri differenzino per il vescovo questo vaccino dagli altri due, ma siccome il piano vaccinale statunitense prevede centri vaccinali anche in luoghi di culto la sua posizione ha rischiato di bloccare o rallentare la vaccinazione di massa. Infatti non sempre si dispone di tutti i vaccini in comoda alternativa per chi si deve vaccinare e quindi il suo intervento poteva interferire con l’azione distributiva.
È a questo punto che è intervenuta la Commissione per la Dottrina della Fede della Conferenza Episcopale Statunitense. Il loro testo spiega che il vaccino Johnson and Johnson non è moralmente proibito ma sconsigliato, ai fedeli è suggerito, potendo, di ricorrere agli altri due vaccini, Pfizer e Moderna. Resta da capire una cosa: perché?