Per molti anni in tutto il mondo L’Osservatore Romano più che letto veniva passato ai raggi X, alla ricerca del verbo o dell’aggettivo che poteva indicare una novità, l’inizio di un cambiamento, o l’affermazione di una priorità. Recentemente trasformato graficamente, il giornale della Santa Sede presenta ora tra molte novità il titolone di prima pagina, a carattere cubitali, che molto spesso “dà la linea”, l’esegesi dello sguardo pontificio sul mondo e la sua attualità. Nell’edizione del 14 febbraio, stampata nelle ore in cui si discuteva dell’impeachment di Donald Trump, questo titolone d’apertura era “Crepe nel muro”. Il breve testo di prima pagina era questo: “Si aprono altre crepe nel muro della politica migratoria statunitense. Il presidente Joe Biden, ha infatti revocato lo stato di emergenza al confine con il Messico e tagliato i fondi alla costruzione della barriera che doveva fare da diga alla pressione dei richiedenti asilo”.
La parola chiave per capire l’importanza di questa scelta del quotidiano è “barriera”. E infatti l’articolo all’interno prosegue così: “Joe Biden scrive al Congresso per revocare lo stato di emergenza nazionale ai confini con il Messico. Prima conseguenza della comunicazione alla speaker della Camera dei rappresentanti Nancy Pelosi e alla vicepresidente Kamala Harris, nelle sue vesti di presidente del Senato, è il taglio dei fondi alla costruzione del muro al confine con il Messico. Non solo. Il presidente ha annunciato un monitoraggio sugli appalti ‘usati per la costruzione del Muro’. E, primo passo di una nuova politica, il 19 febbraio si inizierà a smantellare il campo di Matamoros, Messico, dove oltre tremila persone attendono in un limbo di tende sul Rio Grande una risposta alla loro richiesta di asilo negli Stati Uniti. Matamoros è uno dei campi gremiti di richiedenti asilo sparsi lungo il confine Usa-Messico. Sono in oltre 27.000, nelle tendopoli di confine, a bussare alle porte degli Usa. Si arriva a 70.000 se si contano gli inseriti in quello che burocraticamente fu chiamato ‘Protocollo per la protezione dei migranti’. Decine di migliaia di persone assiepate alla soglia del vicino, in arrivo da paesi dell’America latina destabilizzati da una crisi migratoria profonda, dall’insicurezza alimentare e ora anche dal coronavirus.”
La scelta del quotidiano della Santa Sede sembra indicare una priorità che corrisponde a papa Francesco più di quella prescelta da tanti vescovi statunitensi, che sembrano ridurre tutto il dibattito politico americano e le sue sfide alla luce di una sola questione: la scelta a favore dell’aborto di Joe Biden, secondo inquilino cattolico della Casa Bianca sgradito per questo a molti vescovi che non vorrebbero che possa accedere alla comunione. Non che i vescovi aperti verso Biden siano favorevoli all’aborto. Questi vescovi, in queste ore, hanno piuttosto invitato a non trasformare l’ostia in un’arma. Per loro la Chiesa non impone, piuttosto presenta la sua visione illuminando le coscienze.
Ma è un’esagerazione cogliere in quel titolo l’indicazione di una strada? Forse no. Infatti nell’edizione del 16 febbraio il titolo d’apertura de L’Osservatore Romano è questo: “Il coraggio di guardare ai migranti”. Il quotidiano vaticano riferisce delle tante cose dette dal papa all’Angelus del 15 del mese, e tra queste cita i significativi e inusuali auguri agli innamorati (che avevano appena festeggiato San Valentino), ma punta sull’enorme novità venezuelana. Quella strana e trascurata capacità della Colombia di regolarizzare addirittura un milione e mezzo, per molti anche di più, di “clandestini”, i fuggiaschi dal Venezuela in fiamme, deve contare per il papa, e molto.
E cosa ha detto? Anche qui vale la pena di partire dal breve testo che si legge sotto il titolone in prima: “Un grazie alla Colombia, perché nonostante ‘tanti problemi, di sviluppo, di povertà, di pace, quasi 70 anni di guerriglia… ha avuto il coraggio di guardare’ ai ‘migranti venezuelani presenti nel Paese, favorendone l’accoglienza, la protezione e l’integrazione’. Lo ha rivolto il Papa al termine dell’Angelus, associandosi ai vescovi colombiani ‘nell’esprimere riconoscenza per la decisione delle autorità’ della nazione latinoamericana ‘di implementare lo Statuto di Protezione Temporanea’ per vicini che fuggono dal Venezuela. ‘E questo non lo fa un Paese ricchissimo, sovrasviluppato’, ha sottolineato con enfasi Francesco, che in precedenza aveva commentato il Vangelo della guarigione del lebbroso, proposto dalla liturgia della sesta domenica del tempo ordinario. Infine Bergoglio ha fatto gli auguri agli innamorati e ai fidanzati nel giorno di San Valentino e ha ricordato che mercoledì prossimo inizieremo la Quaresima. “Sarà un tempo favorevole per dare un senso di fede e di speranza alla crisi che stiamo vivendo, ha detto.”
È interessante notare che qui c’è piena sintonia con i vescovi colombiani, che hanno lodato per il coraggio il presidente colombiano, sulla cui scelta vale la pena di riflettere: l’inverno demografico che sta colpendo anche la Colombia fa sì che l’età media dei venezuelani fuggiti in Colombia sia più bassa di quella dei colombiani, ma la trascorsa ricchezza di Caracas dà loro un livello di istruzione più alto. Alcuni ambienti politici colombiani nei giorni trascorsi avevano affermato che bisognava negare a un milione e mezzo di clandestini di vaccinarsi. Ora lo potranno fare tutti – grazie al sostegno dell’Onu e dell’Unhcr – e avranno accesso alle cure oltre che a un documento d’identità valido: potranno così cercare un lavoro aiutando i colombiani, che anche per colpa del loro lungo conflitto interno non abbondano di giovani qualificati. Un metodo che, se fosse seguito anche in Italia e in questa Europa colpite anch’esse da un evidente inverno demografico, potrebbe aiutarci a leggere la questione migratoria in modo diverso da quello prevalente.