Ottimismo e pessimismo. Della volontà e dell’intelligenza, aggiungerebbe Antonio Gramsci.
Con ottimismo, il governo Draghi può essere una fase di tregua politica in cui – senza squillanti dichiarazioni su “bicamerali” o “esecutivi costituenti” – si può provare a mettere mano a una fase di modernizzazione nazionale, complici recovery plan e recovery fund di ispirazione europea, oltre alla pandemia che non dà tregua. Su fisco, giustizia, sanità, debito, ambiente e sviluppo, sburocratizzazione della pubblica amministrazione può servire un accordo vasto e circoscritto: si tratta di regole del gioco del sistema politico-istituzionale. La forza di Mario Draghi sta nel rappresentare un riferimento di garanzia e autorità per il suo curriculum (economista di formazione keynesiana, presidente della Banca d’Italia e poi della Banca centrale europea) in un quadro di afasia della politica. Il governo Conte è morto di tran tran in un periodo che chiedeva al contrario eccezionalità e slancio riformatore.
Lo shock rappresentato da Draghi premier in pectore sta avendo anche effetti immediati. La conversione alla civilizzazione europea della Lega (pure sul tema immigrazione con l’accettazione del Trattato di Lisbona) e quella dei 5 Stelle alla responsabilità propositiva non sono risultati da buttare via, insieme alla divisione della destra (la scelta di Fratelli d’Italia). Meglio avere avversari o alleati politicamente evoluti che prodotti da un imbarbarimento della politica con voti farsa su piattaforme digitali (vedi quella detta Rousseau).
La modernizzazione auspicabile dovrebbe tuttavia riguardare tutti i soggetti in campo, pure il Pd che sopravvive sulla rendita di una rappresentanza quasi esclusiva di una posizione elettorale progressista – a cui mancano però cultura, progetto, strategia. A sinistra del Pd c’è poi una costellazione di forze impotenti e perennemente divise (Articolo Uno, Sinistra italiana, Rifondazione comunista, Potere al popolo). Questa geografia politica non appare all’altezza della situazione. Qualcosa di nuovo è auspicabile che prenda forma a sinistra. Ci vogliono idee e tempo.
Quindi si tratta di valutare l’operato di Draghi e del suo governo di volta in volta alla prova della scelta dei ministri, del piano di vaccinazione, delle riforme auspicabili, eccetera. L’alternativa erano o le elezioni anticipate (non percorribili per “semestre bianco” e ricambio al Quirinale) o bollare l’operazione della tregua politica per alcune riforme come illusoria e autolesionista (con l’argomento dell’incompatibilità, non solo valoriale, tra centrosinistra e centrodestra).
A questo ragionamento esiste un controcanto. Con pessimismo, secondo alcuni, il governo Draghi è solamente la continuazione della “dittatura sanitaria” di cui siamo oggetto da un anno a questa parte con molte limitazioni delle libertà individuali. A questa “dittatura” (fatta, va ricordato a chi la pensa così, di decine di migliaia di contagi e di morti) seguirebbe in continuità geometrica quella “economica” voluta dall’Europa che svilisce ogni ruolo della politica. Si tratta di un teorema, quest’ultimo, che interiorizza la potenza del capitalismo non vedendone le crepe, che per fortuna esistono reclamando contrasto e azione culturale, prima ancora che politica. In questo quadro, esisterebbero solo spazi per la resistenza e la testimonianza.
Va ricordato che ottimismo della volontà e pessimismo della intelligenza erano richiami alla forza soggettiva, a volte decisiva, usati da Gramsci in vari scritti (sull’Ordine nuovo) e in alcune lettere. E di resistenza, addirittura in carcere e in pieno fascismo, Gramsci se ne intendeva. Per fare cultura, politica e finanche un giornale online serve infatti dosare un po’ la volontà e un po’ il pessimismo come ingredienti. Meglio perciò giudicare Draghi sui fatti che farsi prendere dalla disperazione dell’intelligenza. In quest’ultimo caso, non ci sarebbe spazio neppure per un terzogiornale online con poche pretese.