La politica è con le spalle al muro. Per la quarta volta dai primi anni Novanta chiede aiuto ai “tecnici”. È accaduto con Carlo Azeglio Ciampi, che nel 1993-1994 fece il premier prima di diventare presidente della Repubblica, poi arrivò Lamberto Dini 1994-1996, in seguito toccò a Mario Monti nel periodo 2011-2013 e ora è la volta di Mario Draghi, illustre ex presidente della Banca centrale europea. Tre nomi che vengono tutti dal mondo economico, bancario ed europeo.
Sono dunque trent’anni che quello che rimane dei soggetti politici di una volta e di quelli più recenti si dibatte in una malattia dalla quale non si riesce a guarire. Prima gli effetti del ciclone 1989 che cambiò gli assetti del mondo, poi l’ingresso sofferto nella moneta unica europea, poi ancora Tangentopoli con l’illusione che avremmo sanato, con una sorta di catarsi, le malefatte di un sistema politico in disfacimento. Tre passaggi che hanno lasciato sul campo il distacco tra società e politica insieme al rifiuto sic et simpliciter di quest’ultima rappresentato da Beppe Grillo e 5 Stelle prima maniera, che nascevano da indubbie contraddizioni irrisolte.
Matteo Renzi si è inserito in queste ferite italiche che si riaprono spesso. È riuscito in un colpo solo ad avere la testa di Giuseppe Conte (era l’obiettivo centrale fin dall’inizio della decisione di aprire la crisi), a sconvolgere gli equilibri su cui poggiava la coalizione giallorossa e a mettere in ginocchio il Pd che ora si ritrova senza né tattica né strategia. Per fare cosa di tutto questo è un rebus, perché nell’immediato il potere di ricatto di Renzi si riduce quasi a zero, se si formerà una larga maggioranza intorno a Draghi. Il futuro dell’ex segretario del Pd è comunque al centro e nel centrodestra.
Ora quale maggioranza? Qui sta un quid che non si risolve del tutto neppure con l’investitura di Draghi. È possibile e auspicabile una maggioranza formata da Pd, Forza Italia, Lega e frattaglie varie ma senza il Movimento 5 Stelle? Sarebbe davvero necessario il sacrificio di una “unità nazionale” senza Fratelli d’Italia, Liberi e uguali e grillini? La previsione è che Draghi non possa fallire, ma bisognerà analizzare attentamente la composizione ministeriale del suo governo e quella politica di chi lo sosterrà. Nulla è scontato, malgrado l’autorevolezza del presidente incaricato che ha le carte in regola per farsi ascoltare da Bruxelles sul Recovery Plan e connessi. La forza di Draghi sta nel poter fare un governo ponte fino a fine legislatura o fino a quando le condizioni ambientali non rendano possibili le elezioni politiche. Non sostenere il suo tentativo equivarrebbe a dichiarare bancarotta. Lo sa pure la destra che si dividerà su tale opportunità.
Tornando alla politica con le spalle al muro, è evaporata – forse definitivamente – la “strategia del rattoppo”. Nel centrosinistra vige da molto tempo la logica del meno peggio di fronte a una destra baldanzosa, sovranista e populista. Questa strategia era fatta di arroccamento, paura della destra e di alleanze che una volta si pensavano impossibili: quella recente con i 5 Stelle. Si pensava infatti ad una alleanza tra Pd e 5 Stelle di largo respiro che avesse in Conte il proprio leader. Tutto questo è in frantumi e ci dice – come avrebbe commentato Gino Bartali – che “è tutto da rifare”.
Il declino dei grillini è già in atto. Il fenomeno che portò i 5 Stelle al 32 per cento nelle ultime elezioni politiche resta da studiare. È da studiare pure come sia stato possibile dilapidare pressoché tutto ciò in breve tempo. Oggi il loro destino è legato a cosa farà Conte: un proprio partito? Assumerà la leadership del movimento, manderà tutti al diavolo? La disgregazione grillina può accelerarsi, mentre il Pd dovrà muoversi nello schiaccianoci di un governo guidato da Draghi e per alcuni versi indigesto. Posizione molto scomoda e con elezioni in molte città alle porte. Mala tempora currunt per chi pensa e si colloca a sinistra. Il fondo del barile è stato raschiato. Bisogna ricominciare quasi da zero: idee, progetto, cultura, organizzazione, alleanze, eccetera. La politica aveva (chissà ha) una propria logica, che a volte diveniva addirittura scienza da messer Niccolò Machiavelli in poi. In Italia è diventata ben misera cosa. E un destino inaccettabile.